I comportamenti problematici


Un comportamento problema è qualsiasi forma di comportamento che inibisce oppure interferisce con gli apprendimenti e le attività funzionali del vivere quotidiano. Generalmente è un comportamento pericoloso e inappropriato che sottende uno scopo, al quale il bambino non riesce ad assolvere poiché carente di strumenti comunicativi evolutivi.
Spesso il bambino mette in atto dei comportamenti problema quando ha intenzione di fare una richiesta, ma non riesce ad elaborarla (ipotesi comunicativa). Il comportamento, dunque, funge da strumento per esprimere necessità e richieste di aiuto in assenza di adeguate capacità di linguaggio. Più le capacità di linguaggio sono compromesse, maggiori saranno i comportamenti problemi messi in atto dal bambino. Infatti, bambini che presentano disabilità dello sviluppo (disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettive, etc.) con i loro comportamenti problema generano marcati livelli di stress in chi se ne prende cura e determinano preoccupazione più o meno intensa in chi assiste, rispetto ai bambini con sviluppo tipico.

Tuttavia, è anche possibile che il comportamento problema che il bambino emette sia da una parte definito da ciò che viene prima e che lo scatena (antecedente o situazione stimolo) e dall’altro dalle conseguenze che produce, ovvero dai rinforzi che eventualmente riceve. 

Intervenire non significa solo rimuovere il comportamento problema e con esso estinguere anche la richiesta che cela, bensì dare al bambino nuovi strumenti per raggiungere il suo bisogno o richiesta.

È necessario focalizzarci non solo sulla forma del comportamento, ma soprattutto sulla funzione del comportamento. Questo ci permette di mirare e costruire un intervento efficace. 

In questo senso parliamo di analisi funzionale, ovvero di procedure sottoposte a valutazione dei comportamenti problema e dei punti di forza del bambino. Per poter avere una baseline o fotografia del repertorio comportamentale del bambino e al fine di elaborare un’ipotesi del funzionamento comportamentale, sarà necessaria una fase di assessment, ovvero una fase in cui si crea una rete con genitori e insegnanti; si osserva occasionalmente e informalmente il bambino nel contesto in cui si verificano i comportamenti problema; si compila una lista dei comportamenti problemi ordinandoli per priorità di intervento e maggiore, definiamo la reale problematicità descrivendo il comportamento e non giudicandolo; in ultimo, giungiamo ad una valutazione quantitativa. 

Le tecniche o strategie di modificazione di comportamento possono essere divise in due grandi aree che si auto-bilanciano: strategie per incrementare comportamenti positivi (prompting, fading, modeling, shaping, chaining, tecniche di rinforzo) e strategie per decrescere comportamenti problematici (avversive e non avversive). Un ruolo importante tuttavia viene ricoperto dalla psicoeducazione poiché mirata ad insegnare comportamenti alternativi e alternative strategie comunicative; è, inoltre, finalizzata all’acquisizione e/o consolidamento di abilità funzionali (autonomie, relazioni e comunicazione) per il bambino e la rete che se ne prende cura.

L’intervento psicoeducativo può anche essere incentrato su antecedenti e conseguenze, ovvero sulle variabili ambientali che scatenano o rinforzano il comportamento o rendono probabile la sua ricomparsa. Interessanti sono le “Storie Sociali” che nascono per bambini con Disturbo dello Spettro Autistico. Queste storie sono brevi racconti accompagnati da materiali visivo (foto o immagine) per aiutare il bambino a comprendere come bisogna comportarsi correttamente in determinati contesti.

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